Bed and Breakfast in Condominio

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Chi decide di avviare un’attività di bed & breakfast o di affitti brevi, utilizzando o meno le note piattaforme sul mercato , rischia di arrecare pregiudizio alla tranquillità e sicurezza degli altri condomini con viavai di estranei e rumori molesti.

Tanto che sono sempre più frequenti le richieste di assemblee per discutere e deliberare sulla possibilità di modificare il regolamento condominiale per vietare lo svolgimento di attività di B&B.

Nonostante i numerosi interventi dei giudici in materia, ad oggi manca ancora un preciso orientamento sia sulla natura delle attività di B&B e di affitto breve , (con alcune pronunce che le equiparano alle locazioni e altre per cui sono sovrapponibili all’attività alberghiera), sia sulle modalità e i tempi con cui il regolamento può impedirne lo svolgimento all’interno del condominio.

In linea generale, simili divieti possono essere previsti in origine nel regolamento di natura contrattuale, vale a dire quello predisposto dal costruttore dell’edificio o dall’originario unico proprietario di esso, allegato o semplicemente richiamato nei singoli atti di compravendita e accettato dall’acquirente.

Il divieto di B&B può anche risultare da una delibera assembleare, purchè assunta con il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio e poi trascritta nei registri immobiliari.

Con le stesse modalità deve essere deliberata la clausola da inserire nel regolamento già esistente con cui si vieta lo svolgimento in condominio dell’attività di bed & breakfast o simili .

Queste clausole , in quanto destinate a imporre limiti ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sui beni di loro esclusiva proprietà, devono essere scritte in modo chiaro ed esplicito.

L’art.1362 c.c. impone, quale mezzo per interpretare la comune intenzione delle parti , il criterio letterale delle parole usate, senza però sottovalutare l’elemento funzionale del divieto, vale a dire i pregiudizi che le parti hanno inteso vietare, anche quando le espressioni usate appaiono di per sè chiare e per nulla bisognose di approfondimenti interpretativi (Tribunale di Milano sent. 11784/2018).

Ad esempio , quando il regolamento vieta di adibire le unità immobiliari a usi diversi da quello abitativo, intende inibire l’uso come soggiorno temporaneo o giornaliero. Oppure il divieto di destinare i locali a uso di pensione o affittacamere presume la volontà dei condomini di evitare un incontrollabile e frequente accesso in condominio da parte di estranei. Lo stesso vale per il divieto di svolgere attività pregiudizievoli per la sicurezza ed il riposo dei proprietari.

A prescindere da quanto possa essere previsto in leggi regionali per lo svolgimento dell’attività di B&B, questo è strettamente vincolato alle previsioni del regolamento contrattuale o convenzionale, che prevale sulla normativa regionale.

Un orientamento a favore dei B&B è stato quello della Cassazione con sentenza 6769/2018, il quale ha precisato che la clausola del regolamento condominiale che limita l’uso della proprietà privata vietando lo svolgimento dell’attività di affittacamere rientra nella tipologia delle servitù atipiche.

Trattandosi di una servitù, per essere fatta valere nei confronti dei terzi deve essere trascritta con una nota distinta da quella dell’atto d’acquisto. Quindi, per vietare l’attività di B&B, per la Cassazione, non basterebbe la trascrizione del regolamento condominiale che contiene la clausola che lo vieta, ma occorrerebbe la trascrizione della specifica clausola.

Il problema invece non si pone quando il terzo acquirente prende atto, nel contratto di acquisto, dell’esistenza della servitù.

Avv. Vincenzo Fonzo – Associate

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