Cambiamenti climatici e strategie ambientali: il rapporto della BCE sugli investimenti
È nota la reazione dei cambiamenti climatici sull’attività economica e, conseguentemente, su quella finanziaria. Ciò che è meno noto sono i rimedi e le prassi, sempre più precise, che vengono messe in campo per mitigare l’impatto dei rischi ambientali e climatici sul bilancio degli enti.
Un’indagine della BCE ha evidenziato in modo chiaro come gli enti europei stanno affrontando i rischi climatici e ambientali; e grazie a tale indagine che è stato possibile redigere una vera e propria guida che consentirà di orientarsi in modo più produttivo, ma anche più verde all’economia del futuro.
I due fattori principali di rischio analizzati nella guida sono il rischio fisico ed il rischio di transizione.
Rischio fisico
Il rischio fisico indica l’impatto che fenomeni come i cambiamenti climatici, l’inquinamento ambientale e atmosferico, la perdita di biodiversità e deforestazione provocano sull’assetto finanziario di un ente. Tale rischio può essere classificato come acuto (quando si tratta ad es. di alluvioni e siccità) o cronico (quando si tratta ad es. dell’aumento progressivo delle temperature). Il danno connesso al rischio fisico può essere sia diretto (sia danni materiali che calo della produttività) che indiretto (come interruzioni delle catene produttive).
Rischio di transizione
Il rischio di transizione, diversamente, indica la perdita finanziaria che può colpire un ente che persegue i processi di aggiustamento verso un’economia a basse emissioni di carbonio. Connesso al rischio di transizione è sia il cd. Rischio di responsabilità legale che reputazionale, particolarmente grave, che vede associato l’ente o gli investitori ai danni ambientali provati dall’ente.
Brand reputation e fiducia del consumatore
L’effetto sulla brand reputation di notizie negative incide sia sulla fiducia del consumatore che sulla percezione dell’affidabilità dell’azienda stessa. Il danno diventa sempre più grave al ripetersi delle stesse violazioni già avvenute in passato. La costruzione di una brand reputation sana è, infatti, ormai una priorità. Spicca al primo posto, infatti, a livello globale il danno reputazionale, considerato letale dalle figure apicali delle aziende.
Tali rischi, quindi, variabili in base alle aree geografiche, influiscono sul modello imprenditoriale dell’ente nel medio e lungo periodo: si configurano rischi di credito, operativo, di mercato, di liquidità, rischio di migrazione, rischio immobiliare e strategico, oltre a quello reputazionale.
Valutazione dei rischi e best practices: come ridurre l’impatto ambientale sul bilancio
L’indagine congiunta di BCE e ABE ha evidenziato che gli enti, pur riconoscendo la necessità crescente di valutare i rischi sia fisici che di transizione, nella maggior parte dei casi, non dispone di strumenti idonei per valutare compiutamente il rischio ambientale e climatico sul bilancio.
Da una analisi di quegli enti che hanno preso in considerazione l’impatto ambientale emerge, soprattutto, l’eterogeneità delle prassi adottate: in molti si sono dotati di politiche interne che escludono taluni settori di attività di investimento in base a criteri più green. E questo è giusto, ma si rileva anche che, nel complesso, i metodi utilizzati per valutare l’impatto risultano limitati e incompleti.
Un primo passo per uniformare la prassi degli enti dovrebbe essere quello di individuare, valutare e monitorare il contesto in cui gli stessi operano, evidenziando i rischi derivanti dai cambiamenti climatici. I rischi si possono ripercuotere sulla crescita economica, sull’occupazione o sul prezzo degli immobili sul piano nazionale e locale, gli eventi metereologici possono provocare siccità o inondazioni con conseguenze sulla produzione agricola e sulla domanda di abitazioni. Queste ultime grazie a politiche ambientali resilienti, proprio nelle zone ad alto rischio di inondazioni, potrebbero essere ridotte.
Una volta effettuata tale valutazione si potranno assumere decisioni informate nella definizione della strategia aziendale nel breve, medio e lungo periodo.
Il rischio reputazionale, ad esempio, è un rischio che si esplica già nel breve-medio periodo, ma altri possono anche manifestarsi in lassi temporali maggiori.
Per evitare perdite sul bilancio, la strategia aziendale dovrebbe essere definita proprio sulla base delle vulnerabilità e delle carenze emerse dalle prove di stress e delle analisi di scenario con le relative risposte sociali.
La strategia aziendale degli enti procede attraverso la definizione e il monitoraggio di indicatori fondamentali di prestazioni (key performance indicator: KPI), che possono essere definiti per qualsiasi tipologia di rischio climatico o ambientale. I KPI trasmettono, a loro volta, ai rami di attività e portafogli pertinenti.
Il ruolo principale è svolto dall’organo di amministrazione, che comprende, valuta e assegna ruoli e competenze in linea con il profilo di rischio dell’ente, integrati in tutti i processi rilevanti, svolgendo inoltre una supervisione a posteriori.
Infine appare evidente la necessità di una reportistica interna e di produrre tempestivamente dati aggregati e aggiornati in merito ai rischi climatici e ambientali: solo così sarà possibile adeguarsi repentinamente al mutare del rischio.
Dott.ssa Federica Vezzi
Fotografia di Giuseppe Di Stefano